Le prime divinità fatte uomo praticavano tutte cannibalismo di vario tipo, sacrifici umani, smembramento immolazione assorbimento e trasmissione del potere tramite comuni macrabi rituali presenti sull'intero globo collegati ai culti fallici di enki
Dioniso sbranato dai Titani
SOCIETÀ Pubblicato il 07 GEN 2010 di FABIO GABRIELLI
L'orfismo è una particolare forma sapienziale dell'antica Grecia; nell'uomo è presente una componente dionisiaca, che ne attesta l'appartenenza agli dei.
L’orfismo, che si distende in un arco di tempo amplissimo, dal VI secolo fino al mondo tardo-antico, costituisce, all’interno della religiosità greca, una particolare forma sapienziale, ricca di suggestioni per lo stesso pensiero filosofico.
Al centro della spiritualità orfica troviamo la figura di Dioniso, catturato infante dai Titani, smembrato, bollito, arrostito e mangiato; solo il cuore fu salvato, per provvidenza di Atena, che lo portò ancora palpitante a Zeus. Quest’ultimo, per punizione, folgorò e incenerì i Titani, e, dal resto delle loro ceneri, nacque il genere umano.
Dal mito di Dioniso, gli orfici traggono tutta una serie di raffinate riflessioni antropologiche ed esistenziali sulla natura e sul destino ultimo dell’uomo. In pratica, nell’uomo, derivato dal “vapore” dei Titani, è presente una componente dionisiaca, che ne attesta l’appartenenza agli dei.
Detto in altro modo, l’orfismo presenta una visione dell’uomo caratterizzata da due componenti: il corpo titanico e corruttibile e l’anima dionisiaca immortale. Nel corpo alberga, infatti, una sorta di “scintilla divina”, un’anima immortale e destinata a tornare agli dèi, che vive la vita nel corpo in modo innaturale, doloroso, lacerante.
Scopo precipuo dei riti purificatori orfici è quello di liberare l’anima dall’esilio corporeo, una sorta di tomba o prigione per la “scintilla divina” dionisiaca, e reintegrarla al mondo degli dèi, cui appartiene per natura, origine e destino.
Si può, allora, affermare che due sono le valenze di fondo dell’orfismo:
un forte antisomatismo, un’esasperata concezione negativa della corporeità in genere; – una vibrante “nostalgia del Centro”, ovvero un lacerante desiderio di reintegrarsi al divino da parte dell’anima, imprigionata nel corpo e nel quale avverte in modo disperato il luogo dell’esilio e del momentaneo abbandono da parte degli dèi;
la metempsicosi, ovvero la credenza nella reincarnazione, nella trasmigrazione in altri corpi, secondo un “ciclo, una ruota delle nascite”, che sarà possibile interrompere, per riapprodare agli dèi, solo purificando l’anima, ovvero astenendosi da ogni rapporto e legame con il corpo (ascetismo, rinuncia a carne animale, ma anche ai vegetali, riti purificatori ed educazione alla musica, è la cosiddetta “vita orfica”).